Axerta accerta la violazione del patto di non concorrenza tra aziende o tra datore di lavoro e lavoratore dipendente
Il patto di non concorrenza è una clausola contrattuale con cui il datore di lavoro e il lavoratore si accordano per limitare l’attività del dipendente una volta terminato il rapporto di lavoro. È quindi un patto, che deve risultare da atto scritto, differente dal contratto di lavoro e autonomo rispetto all’obbligo di fedeltà (art. 2105 c.c.).
Il divieto di concorrenza non riguarda solo la concorrenza sleale, ma qualsiasi tipo di attività concorrenziale, anche se lecita. Tramite questo accordo, infatti, viene limitata la possibilità all’ex dipendente o collaboratore di svolgere attività in concorrenza con l’azienda per un determinato periodo ed entro una determinata area geografica al termine del rapporto di lavoro.
La normativa di riferimento è contenuta negli articoli 2125, 2596 e 1751 bis del codice civile e stabilisce che, per essere valida, la clausola di non concorrenza deve essere redatta in forma scritta, non deve avere una durata superiore a quella stabilita dalla legge italiana (5 anni per dirigenti e 3 anni per gli altri lavoratori), deve includere limitazioni di luogo, tempo e oggetto e deve prevedere un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro che sia proporzionale alla durata dell’obbligo di non concorrenza. Il mancato rispetto del patto di non concorrenza da parte del lavoratore costituisce illecito contrattuale. Il datore di lavoro può quindi agire giudizialmente nei confronti dell’ex lavoratore per ottenere l’adempimento del patto (procedura d’urgenza ex articolo 700 codice procedura civile), nonché il risarcimento dei danni provocati dalla violazione.
Patto di non concorrenza tra aziende
Come per quello tra dipendente e datore di lavoro, il patto di non concorrenza fra imprese per essere valido deve essere circoscritto ad una determinata zona o ad una particolare attività ai sensi dell’art. 2596 cod. civ. Altrimenti è nullo.
La Corte di legittimità ha chiarito che è nullo, il patto di non concorrenza diretto non già a limitare l’iniziativa economica privata altrui, ma a precludere in assoluto ad una parte la possibilità di impiegare la propria capacità professionale nel settore economico di riferimento (Corte di Cassazione, sentenza n. 16026 del 2001).
Nel caso affrontato dalla Corte di Appello è stato rilevato che i numerosi e distinti settori di attività da cui la società concorrente doveva astenersi comportavano una menomazione della propria libertà di iniziativa economica tale da costituire violazione dell’art 41 cost. Di conseguenza il patto è stato ritenuto nullo.
Per poter procedere per vie legali è necessario dimostrare l’esistenza di un patto valido ex articolo 2125 del codice civile e la violazione del patto da parte del dipendente. L’onere della prova spetta al datore di lavoro, che per la raccolta di tutte le prove necessarie può avvalersi di investigatori privati.
Grazie al metodo di investigazione scientifico, volto alla raccolta di prove certe e oggettive, Axerta è in grado di rilevare e documentare tutte le attività svolte in violazione del patto di non concorrenza da parte di un ex socio, dipendente, agente o collaboratore.
Nel caso in cui un’impresa abbia il sospetto che ex dipendenti, soci o collaboratori abbiano violato il divieto di concorrenza, spetta all’azienda stessa l’onere della prova per poter intraprendere una causa in giudizio. La finalità delle indagini è infatti quella di ottenere prove che dimostrino con certezza il mancato rispetto del patto, per permettere all’azienda di intraprendere un’azione legale per il risarcimento danni da violazione del patto di non concorrenza.