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Prove documentali valide
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Prove documentali valide

Gli screenshot sono prova documentale?

(Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 12062/21, depositata il 30 marzo)

Legittima l’acquisizione come documento di sms, chat o di una pagina di social network mediante la realizzazione di una fotografia dello schermo del cellulare.

Il processo civile è caratterizzato dal principio di «tipicità della prova»: ciò significa che le prove sono solo quelle indicate dalla legge, ossia – nel caso di prove documentali – le scritture private e gli atti pubblici. Poi, ovviamente, ci sono le prove orali (testimonianza, confessione, giuramento) che in questa sede non ci interessano.

Tutte le restanti prove sono atipiche e possono essere valutate liberamente dal giudice. Con riferimento a fotografie ed email semplici (che non siano cioè Pec), queste rientrano nelle cosiddette riproduzioni meccaniche che diventano prova documentale nel processo solo se non contestate in processo dalla controparte contro le quali sono prodotte. La contestazione non può essere generica ma deve fondarsi su circostanze concrete: deve cioè suggerire al giudice le ragioni per cui la riproduzione meccanica non possa essere considerata genuina.

Proprio per questa ragione, i giudici stanno iniziando ad aprire le porte agli screenshot, la cui acquisizione – proprio perché non sempre facilmente contestabile dalla controparte – finisce per diventare prova.

Per contestare uno screenshot, l’avversario dovrebbe suggerire le ragioni per cui lo stesso non possa ritenersi conforme all’originale schermata del dispositivo (smartphone o computer) e, quindi, spiegare se c’è stato un software di foto ritocco che ne abbia alterato il contenuto. Oppure dovrebbe contestare la data di realizzazione dell’immagine a video, sollevando così incertezza in merito alla sua collocazione temporale.

Nel processo penale non vige il principio di tipicità della prova. Pertanto, essendo più libero il giudice di valutare le documentazioni acquisite al processo, può ammettere anche gli screenshot.

Tale circostanza è stata confermata anche dalla giurisprudenza. La Cassazione ha più volte detto che i messaggi WhatsApp possono trovare ingresso nel processo soltanto se, a seguito dell’acquisizione del supporto telematico o figurativo contenente la relativa registrazione, sia possibile verificare l’affidabilità, la provenienza e l’attendibilità del contenuto delle conversazioni. Insomma, l’acquisizione della riproduzione fotografica (lo screenshot) dei messaggi WhatsApp conservati nel telefonino è sufficiente a valere come prova. È dunque lecito acquisire lo screenshot dello schermo di un cellulare sul quale compaiano messaggi sms o di chat.

L’orientamento della Cassazione circa la validità di prova documentale degli screenshot nel processo penale è ormai consolidata. Nel 2021, la Corte ha detto che è legittima l’acquisizione come documento di una pagina di un social network mediante la realizzazione di una fotografia istantanea dello schermo (“screen-shot”) di un dispositivo elettronico sul quale la stessa è visibile. Nel 2018, la stessa Cassazione aveva detto che le conversazioni intrattenute attraverso l’utilizzo di strumenti informatici costituiscono una forma di memorizzazione di un fatto storico comparabile ad una prova documentale e, pertanto, utilizzabile ai fini probatori. Importante quindi ribadire come l’accertamento e l’analisi forense di questi documenti attraverso la moderna cyber-investigation debba diventare una consuetudine anche culturale per la produzione di evidenze utili ed utilizzabili in sede probatoria.


Efficacia probatoria della casella di posta email.

(Cassazione Civile, ordinanza n.19155 del 17 luglio 2019)

L’email forma piena prova dei fatti e delle cose rappresenta- te se colui contro il quale è prodotta non ne disconosca la conformità (ordinanza n. 19155/2019)
Il messaggio di posta elettronica o lo “short message service” (“SMS”) costituiscono documenti elettronici che contengono la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privi di firma, rientrano tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c. e, pertanto, formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale vengono prodotti non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime.
Tale impostazione di principio è stata confermata anche da giurisprudenza meno recente (Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 08/03/2018 n° 5523).

Secondo la stessa Corte (v. Cass. 11606/2018), in tema di efficacia probatoria dei documenti informatici, “il messaggio di posta elettronica costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime”.

Continua la Corte che sempre in tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all’art. 2712 c.c., “il disconoscimento idoneo a fare perdere ad esse la qualità di prova, pur non soggetto ai limiti e alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c., deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta, anche se non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 2, perché mentre questo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l’utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni”.

Un tema rilevante sotto svariati punti di vista in parti- colare per i licenziamenti per giusta causa ove le evidenze rappresentano spesso l’ago della bilancia per le parti in causa. L’email forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale è prodotta non ne disconosca la conformità.

Ma al fine di poter utilizzare quanto eventualmente accertato occorre a monte la sottoscrizione di un regolamento informatico da parte del dipendente che sia a conoscenze delle policies aziendali in materia di impiego dei devices e le conseguenza delle eventuali violazioni delle medesime.

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