
Avv. Claudia D’Alessio
LL.M. | Partner – Trademark Attorney PRAXI Intellectual Property S.p.A.
Nel contesto competitivo globale di oggi, caratterizzato da innovazione costante e comunicazione pervasiva, il valore di un’impresa non risiede più solo nei beni tangibili o nelle quote di mercato. Sempre più spesso, è il patrimonio immateriale – ossia la proprietà industriale e intellettuale -, a fare la differenza.
Questa trasformazione non è una tendenza passeggera. Le sentenze più recenti, le operazioni economiche e le scelte strategiche dei grandi gruppi dimostrano con chiarezza che i diritti di proprietà industriale sono oggi una leva economica, strategica e identitaria per le imprese moderne.
Il Marchio: da segno a capitale
Il marchio non è più solo un simbolo distintivo, ma un vero capitale immateriale. Rappresenta l’identità dell’impresa, la sua reputazione e i valori che trasmette al mercato. L’esperienza di Exclusive Brands Torino ne è un esempio emblematico: il brand veicola qualità, eleganza, sostenibilità e radicamento territoriale delle aziende che fanno parte della rete.
Un marchio forte e ben gestito rafforza il legame con il consumatore, facilita l’internazionalizzazione e aumenta il valore reale e percepito dell’azienda. La giurisprudenza conferma questa evoluzione:
“Il marchio registrato, anche se inutilizzato, costituisce un bene suscettibile di valutazione economica.” (Cass. civ., Sez. I, 30 aprile 2015, n. 8798)
Brevetti e design: l’innovazione che crea vantaggio competitivo
Se il marchio rappresenta l’identità, il brevetto è il simbolo dell’innovazione. Proteggere un’invenzione non significa solo difendersi dalle copie, ma anche acquisire una posizione esclusiva sul mercato e generare valore tramite licenze, alleanze e trasferimenti tecnologici.
“Il valore del brevetto dipende dalla sua capacità di impedire l’ingresso di concorrenti.” (Trib. Milano, ord. 7 maggio 2015)
Accanto ai brevetti, il design industriale assume sempre più rilevanza nei settori lifestyle, fashion e arredamento. Forma, stile e colore influenzano le scelte di acquisto, rafforzano l’identità del prodotto e fidelizzano il cliente. Tuttavia, non tutti i design sono registrabili come marchi, come ricorda la sentenza “Vespa”:
“La forma di un prodotto che incide in modo determinante sulla scelta del consumatore costituisce valore sostanziale e non può essere registrata come marchio.” (Cass. civ., Sez. I, 28 novembre 2023, n. 33100).
Quanto vale l’intangibile?
La valutazione economica dei diritti di proprietà industriale è oggi una prassi consolidata in operazioni di M&A, bilanci, contenziosi e accordi commerciali. Tre i principali approcci riconosciuti a livello internazionale:
- Reddituale: basato sui flussi economici futuri (es. metodo royalty relief, metodo dei redditi differenziali). Nel settore dell’alimentare, ad esempio, è molto utilizzato il metodo dei redditi differenziali se l’impresa vende anche al private label;
- Di mercato: fondato sul confronto con transazioni comparabili;
- Patrimoniale: basato sui costi sostenuti per sviluppare e mantenere l’asset.
Anche la giurisprudenza conferma la legittimità e l’importanza di tali valutazioni:
“Il valore del marchio può essere stimato tenendo conto della redditività attesa, della posizione di mercato, della distintività e forza attrattiva.” (Cass. civ., Sez. I, 13 luglio 2017, n. 17330)
E perfino in ambito doganale:
“Le royalties per l’uso del marchio devono essere incluse nel valore doganale se rappresentano una condizione per la vendita.” (Cass. civ., Sez. I, 9 gennaio 2024, n. 839)
ESG, reputazione e rischio intangibile
Il valore degli “intangibili” cresce anche in ottica ESG (Environmental, Social, Governance). Gli stakeholder – clienti, investitori, istituzioni – sono sempre più attenti alla sostenibilità, all’etica e alla trasparenza delle imprese. Eppure, asset fondamentali come la brand reputation raramente sono gestiti come risorse aziendali vere e proprie.
La reputazione, infatti, pesa in modo decisivo nella percezione del valore di un’impresa. Ma spesso ci si accorge della sua importanza solo quando viene danneggiata. Serve quindi una mappatura del rischio che includa la gestione attiva degli asset immateriali, in particolare il rischio reputazionale.
Verso una cultura d’impresa integrata
La gestione moderna della proprietà industriale richiede un approccio multidisciplinare e integrato. Non basta registrare un marchio o un brevetto: è necessario saperli proteggere, valorizzare e comunicare.
Le imprese più competitive sono quelle che:
- registrano in modo selettivo e strategico;
- includono gli intangibili nei processi decisionali e di bilancio;
- utilizzano la PI come leva di crescita e posizionamento.
Conclusione
Marchi, design e brevetti non sono elementi tecnici o accessori, ma pilastri strategici. In un’economia dove reputazione, creatività e innovazione guidano il valore, la proprietà industriale rappresenta il vero capitale del futuro. Saperla gestire significa non solo difendere ciò che si è costruito, ma anche costruire ciò che si vuole diventare.