Qualificare un licenziamento come disciplinare rappresenta, anche con la normativa vigente, una delle più complesse e controverse problematiche del diritto del lavoro.
Il licenziamento disciplinare può essere intimato dal datore di lavoro al prestatore per motivi legati al comportamento individuale del lavoratore ed è regolato dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori, legge 300/1970 (Sanzioni disciplinari).
La sentenza n.204 del 30 novembre 1982 della Corte costituzionale non fornisce però la nozione di licenziamento disciplinare, ma sancisce che ad esso si applicano i primi 3 commi dell’art. 7 Statuto dei lavoratori.
Per il trattamento del licenziamento disciplinare esistono due filoni di orientamento giuslavorista: quello formalistico, che ritiene disciplinare solo il licenziamento previsto nel codice disciplinare, e l’orientamento ontologico che ritiene disciplinare qualsiasi licenziamento per inadempimento colpevole, anche se non previsto dal codice disciplinare. La tesi ontologica si è nel tempo consolidata in giurisprudenza e nella maggior parte della dottrina (cfr. Sentenza Cassazione n.4823 del 01/06/1987).
L’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori indica la procedura e i limiti da osservare per la contestazione ad un lavoratore degli illeciti disciplinari compiuti dal lavoratore stesso e per le irrogazioni delle sanzioni stesse.
L’iter da seguire prevede i seguenti passi:
Il licenziamento disciplinare per ragioni soggettive per la nuova riforma spetta al giudice valutare o il reintegro in alcuni casi o l’indennizzo in altri casi. Il testo della nuova Riforma del lavoro approvato al Senato il 31 maggio 2012 è consultabile sul sito istituzionale qui.