Il concetto di «molestia sessuale» in ambito lavorativo
La Suprema Corte ha considerato legittimo il licenziamento per giusta causa di un dipendente che aveva rivolto «allusioni verbali e gestuali a sfondo sessuale» ad una collega.
La condotta è stata qualificata come molestia sessuale, in quanto comportamento indesiderato e oggettivamente idoneo a ledere e a violare la dignità della lavoratrice.
- Non rileva l’assenza di una effettiva volontà offensiva (la tutela è fondata sulla oggettività del comportamento e dell’effetto prodotto).
- Non rileva che il clima dei rapporti tra tutti i colleghi fosse spesso scherzoso e goliardico.
- Non rileva che alla condotta non siano seguite aggressioni fisiche a contenuto sessuale (la nozione di molestia risulta integrata dal carattere comunque indesiderato della condotta).
COMMENTO
a cura di Marilena Guglielmetti – Investigatore Criminologo
Una pronuncia di grande importanza ed apertura nella direzione di una valutazione puntuale e rigorosa di condotte che non devono trovare spazio in azienda, poiché la criminogenesi sottovalutata di certe allusioni potrebbe anche sfociare in derive ben più dolorose e talvolta anche tragiche.