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Lotta alla violenza e diseguaglianze di genere: evoluzione normativa e impatto sul lavoro
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Lotta alla violenza e diseguaglianze di genere: evoluzione normativa e impatto sul lavoro

 

 

Maurizio Detalmo Mezzavilla
Presidente Axerta S.p.A., Ex Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri

 


Questa edizione de “Il Punto” propone ai lettori interessanti focus sulla violenza e sulle diseguaglianze di genere, fenomeni oltremodo attuali, trasversali a tutte le società, oggetto di accesi dibattiti in Italia come in ambito Unione Europea. Tali soggetti nel tempo hanno promosso vari progetti ed iniziative, soprattutto normative, per prevenire, attenuare e contrastare le patologie sociali in esame, con considerevoli evoluzioni nei settori legislativi e conseguenti, non trascurabili riflessi nelle dinamiche economiche dei Paesi, in particolare nel mondo lavorativo.

L’art. 1 della dichiarazione ONU del 1993 sull’eliminazione della violenza contro le donne recita che “è violenza contro le donne ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà”. Significativo, in proposito, il fatto che nel 1999 le Nazioni Unite abbiano scelto il 25 novembre quale giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, in memoria delle tre sorelle Mirabal, uccise in quella citata data del 1960, da sicari al soldo di Rafael Leonidas Trujillo, “Generalissimo y Benefactor del Pueblo” della Repubblica Dominicana, del quale regime le tre donne erano fiere oppositrici.

La citata risoluzione delle Nazioni Unite è stata antesignana della c.d. “Convenzione di Istanbul”, trattato sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, è stato adottato dal Consiglio d’Europa nell’aprile 2011 e ratificato dall’Italia nel maggio 2013; il percorso di adesione dell’UE alla Convenzione, si è chiuso – dopo vivaci dibattiti e la mancata ratifica da parte di 6 Stati – il 1° ottobre 2023, con un voto a maggioranza qualificata.

La Convenzione in parola costituisce una pietra miliare nella lotta alla violenza di genere – intesa come atto discriminatorio e violazione dei diritti umani – e pone stringenti tutele a favore dei diritti delle donne, tra le mura domestiche così come sul lavoro, riaffermando l’eguaglianza tra uomo e donna ed imponendo agli Stati firmatari concreti obblighi, tra cui quello del perseguimento degli autori dei reati di violenza, anche nel caso di ritiro della denuncia sporta.

In realtà, già i nostri Padri Costituenti, agli art. 1 e 4 della Carta, nell’indicare nel diritto/dovere al “lavoro” la base fondante del nuovo Stato democratico nazionale, all’art. 37 avevano fissato il principio secondo il quale “la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”, ferma restando l’esigenza di “consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.

Se la nostra Costituzione, già all’epoca e con lungimiranza, aveva stabilito la titolarità di diritti paritari tra uomo e donna, la dibattuta Convenzione di Istanbul, con un approccio più sociologico, tende invece ad affermare che le diseguaglianze, gli stereotipi e, di conseguenza, la violenza di genere, non derivano da differenze biologiche, quanto piuttosto da fattori di costruzione sociale, da atteggiamenti e percezioni dei ruoli che le donne e gli uomini dovrebbero avere nella società.

Rileva, in proposito, il recente provvedimento del Parlamento nazionale di “Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) n. 190 sulla eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro” adottata a Ginevra il 19 giugno 2019 ed in vigore in Italia il 29 ottobre 2022. In particolare, tale normativa postula a carico del datore di lavoro di includere le molestie, in ogni loro forma, nella valutazione dei fattori di rischio psicosociale sul lavoro, nonché di adottare le misure necessarie a contrastarle in via preventiva, congiuntamente con le figure istituzionali e sindacali operanti in questa materia.

In tale contesto, i codici etici o di condotta prevedono anche strumenti di attuazione nell’ottica della prevenzione o contrasto delle violenze o molestie, facendo anche ricorso a figure specifiche, peraltro previste dalla normativa europea (es. Risoluzione del Parlamento Europeo A/30043/94).

In materia di parità di genere, giova richiamare la Legge n. 162/2021 che, in tema di disposizioni sulle pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo, ha ampliato il concetto di discriminazione e introdotto lo strumento della certificazione della parità di genere volto, tra l’altro, a “…attestare le le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale…”.

Per concludere, la prevenzione delle violenze, delle molestie ed il perseguimento della parità di genere nelle aziende costituiscono importanti elementi di crescita sostenibile, con positivi riflessi non solo sulle imprese, ma anche sul Paese. Un sereno clima aziendale ed una maggiore equità tra uomini e donne si traducono in una migliore produttività, una maggiore disponibilità di competenze e, in ultima analisi, in un upgrading reputazionale per l’azienda. A livello sistemico, inoltre, i riflessi hanno un benefico impatto sia sotto l’aspetto occupazionale che nell’ottica di un maggiore sviluppo sostenibile dei Paesi.

In tale complesso contesto, è indubbio che un valido, professionale contributo può essere fornito alle aziende da qualificate agenzie investigative in termini di consulenza, collaborazione e, laddove necessario, intervento di assetti specialistici nella prospettiva di una efficiente ed efficace soluzione delle problematiche con cui ogni impresa, inevitabilmente e periodicamente, si deve confrontare.

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